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La Baronessa di Carini

Da quando ero bambina sono sempre stata affascinata dai castelli. Un po’ come tutte le bambine! Ma uno in particolare suscitava il mio interesse . Ancora oggi in famiglia qualcuno mi chiama “la baronessa di Carini”!

Dalla casa al mare dei nonni paterni si vedeva la rocca sulla quale si innalzava il famoso castello. Ogni volta che passavo di lì immaginavo la mano insanguinante intrappolata tra le pareti della stanza in cui aveva avuto luogo il leggendario misfatto. Ovviamente la trasposizione cinematografica degli anni della mia infanzia aveva suscitato notevolmente la mia fantasia.

Spesso nei miei sogni mi rivedevo come Donna Laura, la baronessa Laura Lanza uccisa dal padre per il suo amore clandestino con Ludovico Vernagallo.

La passione, l’amore, l’intrigo e la morte: come non rimanere affascinati da una simile storia. Ma aldilà della leggenda il castello di Carini è una fortezza di indiscutibile valore storico.

Il castello fu eretto tra la fine dell’XI sec. E l’inizio del XII secolo, su una costruzione precedente di origine araba, ad opera del primo feudatario normanno, a seguito del Conte Ruggero.

Nel corso dei recenti restauri sono affiorate strutture murarie risalenti a epoche precedenti quelle normanne.

Sotto il regno di Costanza d’Aragona, nel 1285, il castello passò alla famiglia Abbate che cominciò a trasformarlo in dimora residenziale. Nel 1397 re Martino il Giovane concede a Ubertino la Grua, maestro razionale del Regno, la terra di Carini.

Ma è nel 1403, quando Ilaria La Grua sposa Gilberto Talamanca, che il castello si trasforma radicalmente. Da una grande corte si gode della facciata interna: i portali del pianterreno sono sormontati da stemmi raffiguranti la gru, simbolo della famiglia La Grua, mentre il portale del salone superiore riporta il simbolo della famiglia Lanza rappresentato da due leoni rampanti.

E’ molto interessante da vedere un lavatoio in pietra di Billiemi e una cappella affrescata a trompe l’oeil del XVII- XVIII secolo. In questa cappella inoltre ammiriamo un bellissimo tabernacolo ligneo dee primi del ‘600. Salendo lo scalone in pietra di Billiemi si accede al piano superiore, risalente al XV secolo, dove un potale marmoreo reca la scritta “Et nova sint omnia” continuazione di un’altra scritta posta sul portale marmoreo nel lato sud-ovest “Recedant Vetera”.

Nel salone delle feste del piano nobiliare un quattrocentesco soffitto ligneo cassettonato , impreziosito da ampie finestre con sedili addossati.

Molto interessanti anche le settecentesche stanze affrescate che ripropongono vedute archeologiche.

Ma la parte più significativa , per certi aspetti è l’ala ovest, interamente ricostruita dopo il crollo avvenuto nel 1975. E’ proprio in questi luoghi che infatti sembra si sia consumato l’atroce delitto.

Come racconta la tradizione orale Donna Laura, trascurata dall’anziano marito, instaurò una relazione clandestina con un giovane amico della sua infanzia: Ludovico Vernagallo, del quale s’innamorò. Ben presto , però, un frate del vicino convento mise a conoscenza del tradimento il padre della giovane, il barone Cesare Lanza di Trabia e il marito, cosicchè i due decisero di uccidere i due amanti. Nella notte il castello fu circondato dai soldati , in modo che i due giovani non potessero fuggire e facendo irruzione nella stanza da letto li assassinarono.

L’atto di morte dei due giovani porta la data del 4 dicembre 1563. Per i due amanti non fu celebrato nessun funerale e la notizia della loro morte fu tenuta segreta. Nonostante l’estremo riserbo del tempo l’amaro caso della baronessa di Carini divenne di dominio pubblico e ancora oggi viene tramandata.

L’unico atto ufficiale rimasto è il memoriale che Cesare Lanza di Trabia scrisse a Filippo II, re di Spagna:

“Sacra Catholica Real Maestà,
don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al castello di Carini a videre la baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il barone di Carini, suo genero, molto alterato perchè avia trovato in mismo istante nella sua camera Ludovico Vernagallo suo innamorato con la detta baronessa, onde detto esponente mosso da iuxsto sdegno in compagnia di detto barone andorno e trovorno detti baronessa et suo amante nella ditta camera serrati insieme et cussì subito in quello stanti foro ambodoi ammazzati.

Don Cesare Lanza conte di Mussomeli”.

Queste sembrano storie d’altri tempi…invece la cronaca di ogni giorno ci racconta storie di omicidi dove spesso sono le donne a essere vittime. Un’ eredità ancestrale in cui spesso genitori o coniugi si ritengono padroni assoluti e animati dall’insano sentimento di possesso si innalzano a boia di un altro essere umano. L’onore e il rispetto sono dei valori che mai l’onta di un tradimento possono offuscare bensì la mancanza di generosità e compassione.

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

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