Profili Tradizioni

La Pasqua in Sicilia

La Pasqua in Sicilia è retaggio di antichissime tradizioni tramandate da secoli.                                    

Il centro storico di Palermo, durante la Settimana Santa si anima di processioni, il giorno più particolare è il Venerdì Santo che prevede quattro processioni : quella dei “cocchieri”, partendo dalla Chiesa della Madonna dell’Itria nel primo pomeriggio portano la Madonna dell’Addolorata e il Cristo Morto; la seconda processione è organizzata dalla Confraternita dei panettieri e parte dalla sede della confraternita di Santa Maria Addolorata concludendosi a notte fonda. La terza processione riguarda la Vergine SS. Addolorata della Soledad, una processione che porta per le vie della città la scultura lignea del Cristo morto e della Vergine della Soledad. L’ultima processione del Venerdì Santo palermitano coinvolge gli artigiani devoti della Madonna del Lume, che portano il simulacro della loro protettrice dalla loro sede fino al Teatro Massimo.

Un’altra processione particolarmente emozionante è quella della chiesa di Santa Caterina, organizzata a Partanna Mondello (Palermo), dove la mattina del sabato si svolge la Sacra Rappresentazione della passione di Gesù Cristo. Mentre molto sentita dai fedeli è la veglia pasquale nella chiesa di San Domenico con la calata della tela in cui il pesante telo che ha coperto l’altare maggiore viene giù tra canti di gioia per la Resurrezione.
Tra le più celebri nel mondo c’è il
Ballo dei Diavoli a Prizzi : il rito, risalente al periodo della dominazione spagnola tra il XV-XVII secolo, ancora oggi si caratterizza per la partecipazione quasi totale dei cittadini. In scena l’eterna lotta fra bene e male fede e folclore sono intimamente fuse, gli elementi drammatici scaturiscono da rappresentazioni mute che consentono all’animo umano di partecipare all’ideale incontro-scontro tra cristianesimo e paganesimo, tra la primavera e l’inverno, tra la luce e le tenebre. La domenica di Pasqua la Morte, vestita di giallo e munita di arco e balestra e i Diavoli insieme, bussano alle abitazioni, e corrono e saltano, per catturare le anime dei passanti. Nel pomeriggio avviene l’incontro tra Gesù e la Madonna e la sconfitta dei diavoli da parte degli angeli armati di spada.                                                                                                                                    

  Le celebrazioni cattoliche della Pasqua con rito greco-bizantino sopravvivono  a Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, San Cristina Gela, Mezzojuso e Palazzo Adriano. Nel giorno di Pasqua le ragazze indossano il tipico costume Arbëresh. Il rito differenzia l’Eparchia di Piana degli Albanesi dalle altre Chiese di Sicilia e costituisce l’eredità più importante della Chiesa orientale di Bisanzio. Assieme alla lingua, il rito costituisce il tratto più importante dell’identità della comunità albanesi.       La conservazione, sia del rito che della lingua, ha del miracoloso se si pensa che sono sopravvissuti entrambi per oltre cinque secoli. La loro salvaguardia è un impegno sentito e costante a tutti i livelli, civili e religiosi, delle comunità.                                                                                                            

  Il sabato santo, nelle campagne di Terrasini si ha un rito particolare: la Festa di li schietti che risale dalla seconda metà dell’800 ai primi del ‘900 e richiama le feste primaverili pagane dedicate ad Adone e collega l’inizio dell’equinozio con le ricorrenze pasquali e il trionfo della vita. E’ la festa della rinascita dove l’albero rappresenta la vegetazione ed è partecipe della natura intera come simbolo della fecondità che si rigenera senza interruzione. La festa viene organizzata da un comitato anticamente chiamato “Dubitazione”, costituito da un gruppo di scapoli che ha il compito di redigere il programma della manifestazione. Un albero selvaggio, generalmente un pompelmo, alla radice, viene reciso in modo che possa essere addobbato collegialmente dal comitato della festa degli scapoli, attraverso l’aggiunta di rami posticci e di addobbi particolari. Il peso dell’albero così preparato oscilla tra i 50 e i 55 chilogrammi e in una prova di destrezza con la quale il giovanotto schetto (scapolo) dimostra la sua abilità e la forza fisica in modo da impressionare la ragazza dei suoi sogni ed arrivare a conquistarne il cuore.                                                                                                                                                      

La processione dei Misteri di Trapani è seguita ogni anno da migliaia di fedeli provenienti da tutta la penisola e anche dall’estero: si svolge a partire dal Venerdì Santo fino al mezzogiorno di sabato; attualmente le Maestranze, molto competitive tra loro, sono diciotto, più i due simulacri di Gesù Morto e di Maria Addolorata. Realizzati in legno, da artigiani trapanesi nel XVII e XVIII secolo, questi pesantissimi gruppi rappresentano la Passione e la Morte di nostro Signore Gesù Cristo. Per ogni simulacro vengono impiegati più di dieci uomini, chiamati “massari”. Il ritmo della loro andatura è un’altra peculiarità: l’annacata, il procedere in modo ondulatorio.
Gli incappucciati di Enna sono un’altra immagine simbolo delle celebrazioni siciliane della Pasqua, anche in questo caso mutuate dal periodo di dominazione spagnola fra il XV e il XVII secolo. Si va dal ricordo dell’entrata di Gesù a Gerusalemme la domenica delle Palme alle processioni che culminano il venerdì santo con le due grandi processioni, una con il Cristo morto e l’altra con la Madonna Addolorata, che al ritmo scandito da marce funebri partono dai lati opposti della città e convergono verso il Duomo. Di qui il corteo degli incappucciati, centinaia di figuranti con i costumi tradizionali della confraternita di appartenenza.
Le celebrazioni religiose hanno un significato profondo nella Settimana Santa a Caltanissetta, ricche di valori simbolici tra folclore e religione. La processione dei Misteri venne inaugurata alla fine del ‘700 per volere della Congregazione di San Filippo Neri. I momenti di partecipazione corale scandiscono tutta la Settimana Santa: dalla processione durante la domenica delle Palme col simulacro di Gesù Nazareno su una barca coperta di fiori, per proseguire il martedì con la rappresentazione dell’Ultima cena e la scinnenza, la Passione di Gesù; il mercoledì la sfilata della Real Maestranza che raccoglie tutte le maestranze che operano sul territorio e, nel pomeriggio, la processione delle Varicedde, un tempo portati a spalla dai lavoranti e dai ragazzi di bottega. Il Giovedì è il momento delle Vare che rappresentano le stazioni della Via Crucis, mentre il venerdì santo ci si raccoglie intorno alla processione del Cristo Nero, un piccolo crocifisso ligneo del XV secolo, oggetto di forte venerazione da parte dei nisseni.                                                                                                        

 Una delle processioni più suggestive è quella delle ‘Barette’, che si svolge a Messina: la processione è regolata da un comitato di undici battitori composto dai rappresentanti delle famiglie. Ciascuna ha il compito di guidare i conduttori di ogni ‘varetta’ durante il corteo processionale. La manifestazione risale al 1610, anno in cui l’Arciconfraternita di Nostra Signora del SS. Rosario volle realizzare una processione di statue rievocanti la Passione di Cristo.                                                                               Nella parte antica di Ragusa Ibla si susseguono varie manifestazioni: si inizia con lo spostamento delle statue dalle chiese dove sono conservate alla chiesa madre di S. Giorgio. Il giovedì santo i fedeli visitano i sepolcri allestiti nelle varie parrocchie. Si arriva così al venerdì santo quando si ha la processione dei simulacri del Cristo e della Madonna, evento che parte dalla Chiesa madre S. Giorgio e ripercorre alcune vie di Ibla.                                                                                                                 

In un territorio ricco di storia, di tradizioni, e di fede, la Pasqua ad Agrigento offre intense suggestioni e numerosi momenti di profondo contatto popolare, iniziata la Domenica delle Palme con la benedizione delle palme e proseguita la sera del Giovedì Santo in cui i fedeli visitano le diverse Chiese del centro storico i santi sepolcri, le funzioni della Settimana Santa trovano il culmine nella processione serale del Venerdì Santo che si snoda lungo la via Atenea, dove le bande musicali accompagnano le confraternite dal saio nero che intonano suggestivi canti rituali dietro la sontuosa urna del simulacro del Cristo, seguito dalla statua della Madonna addolorata.                                         I riti della Settimana Santa a Siracusa riportano in auge le antiche tradizioni, chi oggi respira l’atmosfera dell’isola può benissimo rendersi conto delle sostanziali differenze in termini di tradizione pasquale rispetto al resto della città. I numerosi influssi della religiosità cattolico-spagnola, durante le dominazioni del XVI e XVII secolo, importarono in Sicilia come a Siracusa consuetudini varie. Tutte tradizioni concretizzatesi in epoca bizantina ma con evidente derivazione greca. Da qui la cosiddetta adorazione dei Sepolcri.                                                                                                                          

 A Catania con la visita ai Sepolcri del Giovedì Santo, entrano nel vivo le celebrazioni Pasquali a Catania, gli altari delle chiese sono addobbati con fiori e candele, ai piedi dei quali si depongono grano, orzo, lenticchie e altri cereali che le donne fanno germogliare in casa al buio e decorano con nastri colorati. Il senso profondo di questa pratica rituale consiste nella propiziazione della rigenerazione del ciclo vegetale ed è coerente dunque, con il valore ultimo dei riti della Settimana Santa.                                                                                                                                                     

Molto sentito i riti pasquali anche a Caltagirone, dove si venera Gesù Crocifisso, i fedeli si raccolgono nella chiesa dei cappuccini per venerare il gruppo ligneo del 1700 che rappresenta il Cristo e la Madre, giorno in cui rientrano, dopo 15 giorni, le bancarelle dove si vendono i simboli della passione in terracotta ed i dolci.
Nei primi giorni della settimana santa, poi, si organizza la Via Crucis molto caratteristica che sfrutta la maestosa scalinata della città, adiacente la piazza del municipio; tale via crucis ripercorre gli ultimi eventi della vita terrena di Gesù, dall’incontro con Pilato alla sua morte in croce. La domenica di Pasqua si ha una processione più imponente: ci sono tre statue, quella di S. Pietro proveniente dall’omonima chiesa, costituita di cartone pressato e vuota all’interno per far spazio al portatore, quella del Cristo risorto che proviene dalla Chiesa della Sacra Famiglia e che va incontro a quella della Madre. Quando si ha l’incontro tra Madre e Figlio, in prossimità della scalinata di S. Maria del Monte, la statua della Madonna è liberata dal manto nero del lutto e scopre quello bianco e celeste, segno di gioia.                                                                                                                                                        

 I rituali assumono connotati che richiamano alle pratiche simboliche precristiane dove la parola Pasqua è sintesi di rinascita. Essa rappresenta un fenomeno cosmico e non un evento storico, religioso o festivo: prima di tutto ricordiamo che si tratta di un evento legato ai cicli della Luna, è il momento di transizione della natura (inverno) al suo risveglio (primavera) e attraverso la morte e la resurrezione di Cristo rappresenta il rito che assicura la rigenerazione annuale della natura e dell’umanità. Come una metafora parabola, il cui significato si trova nella Primavera con il suo Equinozio: momento dell’uguaglianza del giorno e della notte, quando le forze della luce sono in fase di crescita, segnando la fine del freddo e buio inverno, da sempre associato all’ idea di morte.

 

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

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