Arte

Giorgio De Chirico a Mosca

Giovedì 20 aprile sì è inaugurata la prima grande mostra di De Chirico in Russia Giorgio de Chirico. Apparizioni metafisiche” un progetto congiunto della Galleria Tretyakov, della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e importanti musei prestatori italiani (GNAM di Roma, MART di Rovereto) con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura e Bosco di Ciliegi, nell’ambito del Festival Bosco di Ciliegi Centre, il Georges Pompidou (Parigi), il Victoria and Albert Museum (Londra) e l’AS Pushkin State Museum of Fine Arts (Mosca) .          L’esposizione presenta al pubblico centodieci opere di pittura, grafica, scultura, fotografie e materiali d’archivio. Capolavori che bene descrivono i tratti metafisici dei lavori dell’artista, la sua pittura post-metafisica e l’interpretazione di soggetti antichi e mitologici. Un’arte che ebbe notevole influenza anche nei confronti di alcuni pittori russi come Malevich, che nelle sue ultime produzioni reinterpretò i metodi e i soggetti del pittore italiano e ne suggerì lo studio ai suoi allievi.

Ma Malevich non fu l’unico ad assorbire l’influenza di De Chirico: come lui, anche Shevchenko, Dejneka, Rozhdestvenskij ed Ermolaeva cedettero alla grande potenza di quest’arte. Alla Galleria Tretyakov sarà possibile ammirare anche i costumi teatrali creati da De Chirico del 1929 per il balletto “Le Bal” per la compagnia di danza di Sergej Djaghilev, oltre ad articoli di ricercatori italiani e testi di curatori di mostre del passato. Giorgio De Chirico è stato uno dei più importanti maestri avanguardisti del XX secolo, precursore del surrealismo e fondatore della pittura metafisica come movimento artistico. Dal punto di vista cronologico, la Pittura Metafisica precede le esperienze del Dadaismo e del Surrealismo. L’artista nasce il 10 luglio del 1888 a Volos, capitale della Tessaglia (Grecia). Il padre era un ingegnere palermitano incaricato di costruire la rete ferroviaria locale e la madre era una nobildonna genovese. Assecondato dal padre nella sua predisposizione alla pittura a 12 anni si iscrive al Politecnico di Atene, dove frequenta per due anni la scuola di disegno e pittura e prende le prime lezioni di disegno dal pittore greco Mavrudis. Proprio ad Atene De Chirico realizza il suo primo quadro dal titolo “Natura morta con limoni”. Nel 1910 fece ritorno in Italia, risiedendo prima a Firenze e poi a Torino e dando avvio alle sue opere mature. Ne L’enigma dell’oracolo compare nel titolo per la prima volta la parola “enigma” e, difatti, molti particolari dell’opera sono volti a dare una sensazione di mistero: Ulisse viene rappresentato all’estrema sinistra di spalle; al centro compare un muro e a destra una tenda dalla cui sommità si intravede la testa di una statua: Magritte sostenne che quando poté osservare dal vero un quadro di De Chirico i suoi occhi “videro il pensiero per la prima volta”. L’anno successivo dipinge L’Enigma dell’ora, una delle prime opere dedicate alle piazze d’Italia. La scena appare come congelata da campiture cromatiche che non lasciano spazio a chiaroscuri ed altri virtuosismi. L’orologio segna l’ora al centro di una architettura classica, non databile, né riferibile ad un luogo preciso. Nell’ intera serie dedicata alle Piazze d’Italia, L’osservatore è impegnato nella ricerca del giusto ordine da dare alle cose, mentre l’occhio si perde nelle linee che portano a diverse prospettive. Gli elementi disposti nelle composizione sembrano stridere tra di loro: edifici classici dialogano con ciminiere, cieli color verde veronese fanno da sfondo allo sbuffare di una locomotiva, venti assenti riempiono le vele di navi che solcano l’orizzonte. De Chirico è stato un precursore, ma cosa si intende esattamente per Pittura Metafisica? Lo spiega lo stesso De Chirico in un saggio intitolato Sull’Arte metafisica (1919): “Pigliamo un esempio: io entro in una stanza, vedo pendere una gabbia con dentro un canarino, sul muro scorgo dei quadri, in una biblioteca dei libri; tutto ciò mi colpisce, non mi stupisce poiché la collana dei ricordi che si allacciano l’un l’altro mi spiega la logica di ciò che vedo; ma ammettiamo che per un momento e per cause inspiegabili ed indipendenti dalla mia volontà si spezzi il filo di tale collana, chissà come vedrei l’uomo seduto, la gabbia, i quadri, la biblioteca; chissà allora quale stupore, quale terrore e forse anche quale dolcezza e quale consolazione proverei io mirando questa scena. La scena però non sarebbe cambiata, sono io che la vedrei sotto un altro angolo. Eccoci all’aspetto metafisco delle cose. Deducendo si può concludere che ogni cosa abbia due aspetti: uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l’altro lo spettrale o metafisico che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza e di astrazione metafisica, così come certi corpi occultati da materia impenetrabile ai raggi solari non possano apparire che sotto la potenza di luci artificiali quali sarebbero i raggi X, per esempio”. De Chirico è ben consapevole che la metafisica non è una scienza: “non si spiega niente per l’eterna ragione che non c’è nulla da spiegare”, ma “un momento, un pensiero, una combinazione che si rivela con la velocità di un fulmine, ci fa tremare, ci getta davanti a noi stessi come davanti alla statua di un dio sconosciuto. Come il terremoto scuote la colonna sul suo plinto, noi trasaliamo fino al fondo delle nostre viscere. Gettiamo allora sguardi sorpresi sulle cose. È il momento. Il Proteo che dormiva in noi ha aperto gli occhi. E noi diciamo quello che bisognava dire. Queste scosse sono per noi ciò che per il profeta glauco erano i lacci e le torture”. Ma la vera e propria nascita del termine Metafisica avvenne nel 1916, quando De Chirico venne internato nell’ospedale militare psichiatrico di Ferrara, dove incontrò Carlo Carrà. Questa denominazione venne scelta perché indicava un preciso riferimento filosofico ad Aristotele e a quella parte del pensiero greco antico che descrive una realtà che trascende quella immediatamente conoscibile ai sensi. I malintesi intorno al significato di metafisica hanno la loro origine nel I° secolo a.C. con la catalogazione dei libri aristotelici ad opera di Andronico da Rodi. “La mostra si inserisce nell’eccellente collaborazione culturale italo-russa, che dal 2011, con nostra grande soddisfazione, porta in Russia le principali opere dei grandi classici del Rinascimento italiano” – ha commentato l’ambasciatore italiano in Russia, Cesare Maria Ragagligni – “l’elemento di novità di questa iniziativa è di essere una delle prime grandi rassegne dedicate ad artisti italiani del Novecento”.
La mostra sarà visitabile fino al 23 luglio.

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

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