Profili Tradizioni

Ognissanti e la festa dei morti

In Sicilia il 1° e il 2 Novembre si commemorano rispettivamente tutti i santi, canonizzati e non, e i defunti. Ognissanti, il cui nome originario è “Festum Omnium Sanctorum”, cade il 1° novembre ed è una festività di precetto, poichè i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa; si astengono inoltre, da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio . Questa festività ha tradizioni molto antiche, infatti, le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad essere celebrate nel IV secolo e le prime tracce di una celebrazione generale si ebbero ad Antiochia, con riferimento alla Domenica successiva alla Pentecoste. Giovanni Crisostomo (407) ne fa cenno nella sua 74esima omelia ed è preservata fino ad oggi dalla Chiesa Ortodossa d’Oriente, per la quale ricorre la prima domenica dopo la Pentecoste e, in quanto tale, segna la chiusura del ciclo pasquale.

In seguito si decise di spostare la data della festività al 1º novembre per farla coincidere con il Samhain, l’antica festa celtica del nuovo anno.

Fu Papa Gregorio a scegliere il 1° novembre come data dell’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”.

Il giorno dei morti, il cui nome latino è Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum, è una ricorrenza della Chiesa cattolica, celebrata il 2 novembre di ogni anno. Questa giornata fu ufficialmente istituita da Sant’Odilone di Cluny, con la riforma cluniacense. Successivamente questa festa fu estesa a tutta la Chiesa Cattolica. Oggigiorno è consuetudine, in questa giornata, visitare i cimiteri e portare fiori sulle tombe dei propri cari.

La sua origine e il suo significato ci portano molto indietro nel tempo, certamente riprende i culti greco-romani, il banchetto funebre un tempo era comune a tutti i popoli del bacino del Mediterraneo, difatti si ha ancora un ricordo nel “consulo o cunsulato”. A Palermo viene chiamata festa dei morti, è la prima festa che i bambini aspettano con impazienza e anche con un certo timore.

Timore perché i genitori raccontano che,proprio nella notte tra il 1° e il 2 Novembre i morti si risvegliano dal loro sonno eterno e vanno in giro per la città per procurasi regali e dolciumi da donare ai bambini a loro cari, che durante l’anno si siano comportati bene ed abbiano pregato per le loro anime ; quindi raccomandano ai piccoli di andare a dormire e di non svegliarsi perché “i morti potrebbero solleticargli i piedi” . Così, i piccoli, all’alba possono cominciare la ricerca dei loro doni nascosti negli angoli più reconditi della casa e, una volta trovati cominciare a rimpinzarsi delle leccornie del “ cannistru” colmo di primizie stagionali come ad esempio arance, fichi secchi, mandorle, noci, castagne, datteri e i “tetù e teio”. Tradotto vuol dire “tieni tu e tieni io” per esprimere la golosità di questi biscotti oppure le “crozze ri morti” cioè ossa di morto, come raffigurante delle anime dei defunti. Tutto questo è un modo per far apparire agli occhi dei più piccoli la morte non come evento tragico della vita ma solamente come un passaggio obbligato ma sereno che tutte le anime devono intraprendere, ma questa usanza ha una doppia valenza: offerta di cibo alle anime dei defunti e offerta simbolica nei dolci in forma umana come i pupi di zucchero chiamate “pupaccene”.La leggenda narra di un nobile arabo caduto in miseria, che li offrì ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo prelibato, ma il significato dei dolci antropomorfi affonda le sue radici in antichi culti pagani: rappresentavano un’offerta simbolica alle anime dei defunti in maniera che, cibandosi di essi, è come se ci si fosse cibati dei trapassati stessi.

I personaggi raffigurati sono tanti: paladini, legionari, dragoni, dame del settecento, fino ad arrivare a raffigurare oggi ai personaggi di Dragon Ball e di Hello Kitty.

Altro dolce che colora e inorgoglisce le vetrine delle più belle pasticcerie della Sicilia, è la frutta di Martorana, vere opere d’arte di pasta di mandorla, da noi detta pasta reale (cioè marzapane) alla quale artisti pasticceri danno forme di tutti i generi dalla frutta vera e propria a pesci, polpi, ricci di mare fino alla straordinaria visione di un panino con le panelle o con la meusa Questa sublime lavorazione nasce per l’appunto presso il Monastero delle monache benedettine a cui era affidata la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (detta della Martorana). Era noto a Palermo che le pie monache del monastero fondato da Eloisa e Goffredo Martorana confezionavano frutta di pasta reale, cercando di imitare alla perfezione la natura. Una tradizione orale narra che in una circostanza imprecisata, le monache abbiano manifatturato frutta di qualità differenti e che l’abbiano appesa sugli alberi di un piccolo chiostro del loro monastero – ancora esistente nell’edificio che accoglie la facoltà d’Architettura, tutto per rendere omaggio al Vescovo che era venuto a trovarle. I frutti entrarono così ben presto a far parte dei dolci dei morti. In seguito nel 1866, l’attività dolciaria del monastero cessò ma la specialità delle nobili signore di S. Maria dell’Ammiraglio divenne patrimonio della tradizionale pasticceria siciliana .

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

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