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“Pà, spegni la luce, per favore” di Giorgia Tabbita

Giovà, svegliati! di Giorgia Tabbita

Una notizia in questi giorni ha imperversato sui social #mortedignitosa #totoriina.                                  

In nome del diritto ad una ‘morte dignitosa’, la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 27766 di oggi, ha annullato l’ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza di Bologna (il 20 maggio del 2016) aveva rigettato la richiesta di differimento dell’esecuzione della pena o, in subordine, di detenzione domiciliare presentata da Salvatore Riina a causa delle gravissime condizioni di salute del boss di Cosa nostra. Il tribunale, in sede di rinvio, dovrà dunque condurre il nuovo esame attenendosi ai criteri fissati dalla Suprema corte.

Non è mia intenzione in questo luogo dire cosa è giusto o sbagliato, per me,  condivido invece  il dialogo immaginato e scritto da mia figlia (Giorgia  Tabbita– ndr ) , post che su fb  ha riscosso più di 125.000 likes ( fino ad ora) e circa 15.000 commenti diventando un vero e proprio post virale ( non sono mancate le appropriazioni indebite!).

– Giovà, svegliati!                                                                                                                  

– Che c’è Paolo, stavo riposando, manco qua sopra in santa pace posso stare.
– Amunì svegliati che ti devo dire una cosa!
– Sveglio sono, che cosa c’è?
– Ti ricordi quando ti dissi che tra le teste di minchia eri il più testa di minchia di tutti?
– E come dimenticarlo, e quindi? Mi hai svegliato per questo?
– No. Ti devo dire una cosa.
– Dimmi.


– In questi anni qui sopra siamo stati in silenzio, abbiamo guardato dall’alto andare allo sfacelo il lavoro per cui abbiamo dato la vita.
– Eh…
– Poi però ci siamo ricreduti. Abbiamo visto nascere nella gente una coscienza nuova. Le persone si sono rotte le palle della mafia, dei mafiosi. Chi c’era ai tempi nostri si è rotto le scatole e ne è stato alla larga e chi, invece, era troppo giovane, ha vissuto nel ricordo di un male incurabile che ha macchiato il nome della Sicilia, ma consapevole che la mafia, quella che abbiamo conosciuto noi, non c’era più. E così è stato bello vedere tutti quanti gioire per noi, nel nostro ricordo. Musica, carri, manifesti.
– Miii troppo bello. Per non parlare di tutte le persone importanti che ci hanno tenuto davvero a salire sui palchi e a parlare di noi… E quindi? Mi vuoi dire che hanno organizzato un’altra festa? Perché sono stanco per vederla ora, però m’arruspigghio se necessario.
– No Giová. Volevo dirti che per anni hai creduto di aver lasciato abbastanza, di aver dimostrato che, alla fine, siamo noi che abbiamo vinto, che anche se eri stato un testa di minchia, ne era valsa la pena. Oggi ti dico: siamo due teste di minchia. Due.
– Perché?
– Perché siamo morti tra le macerie di una società che ci ha massacrato e che ora, a meno di un mese dal giorno della tua morte, afferma che Riina, mischinieddu, merita una morte dignitosa.
– Ah… Capisco. Comunque mi siddió… Spegni la luce per favore.
– Ok Giová.
– Pà… Ma secondo te dopo il Paradiso c’è altro?
– Non lo so… Perché?
– Perché oggi credo di essere morto per la seconda volta.

Di seguito il link ( https://www.facebook.com/giorgia.tabbita?hc_ref=SEARCH&fref=nf)

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

(1) Comment

  1. Marcy Marcella santoro says:

    Questo dialogo immaginario,ha scosso la mia sensibilità di persona e siciliana. Complimenti vivissimi, è un testo bellissimo. #lamafiaèunamontagnadimerda

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