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In tutta Italia si ricordano i cinquecento anni della morte di Leonardo da Vinci

500 anni dalla morte del più grande genio della storia che, proprio a Milano,  lasciò in eredità la dimostrazione più alta della sua ricerca in ambito ingegneristico, meccanico, idraulico e artistico. Giorgio Vasari, artista e storico dell’arte italiano del Cinquecento disse di lui : «volle la natura tanto favorirlo, che dovunque è rivolse il pensiero, il cervello e l’animo, mostrò tanta divinità nelle cose sue che nel dare la perfezione di prontezza, divinità, bontade, vaghezza e grazia nessun altro mai gli fu pari». Nel  1482 Leonardo lascia Firenze per raggiungere il capoluogo lombardo, città, già da allora, molto diversa dalla raffinata culla del rinascimento nella quale aveva passato la giovinezza. Le ragioni sono molteplici, tuttavia, gli storici concordano nell’affermare che Leonardo fosse molto affascinato dal ducato milanese, una delle regioni più popolose e produttive dell’epoca ma, altresì, aperta a qualsiasi tipo di novità tecnologica, soprattutto per la frequenti operazioni militari la città dispiegava. Durante il periodo rinascimentale, Milano era governata da Ludovico Il Moro che, per Leonardo, rappresentava lo sponsor ideale in grado di finanziare le sue diverse attività.

Alla corte di Ludovico Il Moro Leonardo si presentò con una lettera nella quale elencava tutto quello che era in grado di fare:- “Ho progetti di ponti leggerissimi e forti, che si possono trasportare facilissimamente… So costruire bombarde praticissime e trasportabili e con quelle lanciare minuti proiettili, come tempesta… E se occorresse combattere in mare ho modo di costruire navigli che faranno resistenza al tiro di qualsiasi bombarda… E ancora conosco il sistema di entrare in qualunque luogo con gallerie segrete, scavate senza alcun rumore, anche se occorresse passare sotto qualche fiume… Posso costruire, poi, carri coperti, sicuri e inattaccabili, i quali col fuoco dei propri cannoni potranno penetrare tra i nemici senza che questi, per quanto numerosi, possano attaccarli. Dietro al carro potranno seguire le fanterie, in gran numero, illese e senza più incontrare ostacoli… Dove non occorressero le bombarde, costruirò altri strumenti di mirabile efficacia e fuori del comune; insomma, secondo la varietà dei casi, costruirò infinite cose sia per la difesa che per l’offesa…”-

 

Alla Corte Milanese, Leonardo rimase fino al 1499: furono diciassette anni di lavoro intensissimo, durante i quali andò accumulando progetti di macchine militari, di armi e macchine per la guerra, strumenti per la navigazione, di edifici, di edilizia cittadina (il Codice Atlantico, conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, contiene centinaia di fogli con disegni di soggetto tecnico e scientifico appartenenti a periodi differenti della vita di Leonardo, ed è da considerare il testo fondamentale per lo studio della tecnologia vinciana; eppure, anche aggiungendovi i vari altri codici conservati in Francia, Inghilterra, Spagna e Italia, non raggiungiamo che un quarto dell’intero «corpus» leonardesco, per il resto disperso). Scrisse cinquemila pagine, affermò di aver lasciato 120 manoscritti, ma ne rimangono solo cinquanta.

Ludovico il Moro tenne con sé Leonardo da Vinci non per ciò che valeva, ma come giovane brillante che poteva organizzare le rappresentazioni di Corte o le sfilate per la città, poteva ornare le vesti della moglie, dell’amante o delle principesse, poteva dipingere affreschi e ritratti; dovette perdere tempo prezioso per fare cinture originali per la sposa di Ludovico, Beatrice d’Este, per ideare i costumi delle giostre e delle feste, per organizzare spettacoli e per decorare le scuderie dipingendo sulle pareti cavalli in corsa. Erano cose che si richiedevano, del resto, ad ogni artista rinascimentale. Così, Leonardo adornò la sala da ballo del castello per il matrimonio di Beatrice, costruì una speciale stanza da bagno per lei, eresse nel giardino un grazioso padiglione d’estate e dipinse altri «camerini» per le feste di palazzo. Eseguì i ritratti di Beatrice, di Ludovico, dei loro figli e delle amanti di Ludovico: Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli. Questo, però, gli fruttava 2.000 ducati all’anno, oltre a doni e privilegi: Leonardo viveva da gran signore, disponeva di numerosi assistenti, di servi, paggi e cavalli, prendeva al suo servizio dei musicisti e vestiva di seta e di pellicce, portava guanti ricamati e scarpe di cuoio.

Nel XV secolo Milano era una città con casupole addossate le une alle altre; le condizioni igieniche erano pessime ed erano causa di frequenti epidemie. Leonardo deplorava il chiasso, il sudiciume e la difficile circolazione delle città italiane, ne studiò la sistemazione e sottopose a Ludovico il Moro il progetto di una vera e propria città ideale: passava gran parte del suo tempo a misurare con ampi passi le distanze tra le abitazioni, cercando di immaginare come sarebbero dovute essere. Vi dovevano essere due piani: le case, comode, e i grandi palazzi per i servizi pubblici erano sopraelevati per lasciare spazio libero al traffico. Le strade erano poste a due livelli diversi: quelle che passavano al livello delle case, larghe venti braccia (circa tredici metri) e sostenute da archi e colonnati, erano riservate ai pedoni, quelle più basse erano destinate ai veicoli ed ai servizi; gli incroci avvenivano per mezzo di opportuni cavalcavia (scale a chiocciola); ogni tanto, una fontana avrebbe rinfrescato e purificato l’aria. Strade sotterranee coperte formavano una rete di fognature per il trasporto dei rifiuti.

Era un progetto grandioso, ma che richiedeva mezzi di cui Ludovico il Moro mancava. Nella città lombarda, Leonardo completò la costruzione del canale della Martesana, del Naviglio interno e del Naviglio Grande. Ha fatto scoperte nel campo della botanica, nell’anatomia, ha progettato strumenti musicali, scritto poesie, e organizzato sontuose feste per le quali aveva costruito anche degli automi meccanici come un leone, che era in grado di camminare e poi fermarsi aprendosi il petto. E’ stato il primo a studiare  i fossili, e ha capito che il ritrovamento di pesci e conchiglie marine fossilizzate sulle Alpi non era causato dal diluvio universale, ma dal fatto che in epoche remote in quei luoghi c’era il mare. Egli stesso, grande amante della Bellezza, si definiva “omo sanza lettere”, perché non conosceva il greco e il latino, e si esprimeva in lingua volgare.

Nella pittura, per la quale tutti maggiormente lo ricordano,  non ha lasciato tantissimi quadri perché era meticoloso e ci impiegava anche anni per portare a compimento le sue opere. Uno su tutti: L’ultima cena, nel refettorio del  del convento di Santa Maria delle Grazie. A Leonardo l’affresco non piaceva molto, perché richiedeva tempi troppo rapidi, e lui era abituato a ritoccare continuamente le sue opere. Quindi scelse una tecnica particolare, dipingendo sulla parete come fosse una tela. Ci impiegò quattro anni per terminare l’opera. Scelse il momento del Vangelo di Giovanni in cui Gesù annuncia agli apostoli che uno di loro lo avrebbe tradito. Nel corso della seconda guerra mondiale fu protagonista di un miracolo: i bombardamenti aerei distrussero il refettorio, ma la parete con L’ultima cena rimase in piedi. L’altro capolavoro per cui Leonardo da Vinci è noto in tutto il mondo è il ritratto della Monna Lisa detto La Gioconda, custodito nel museo del Louvre a Parigi.

Le opere di Leonardo sono in tutto il mondo: La dama con l’ermellino è a Cracovia, Madonna Litta è a San Pietroburgo, altre tele come La Vergine delle rocce e Sant’AnnaLa Vergine e il Bambino con l’agnellino sono al Louvre, e ancora a Washington, Londra, New York, Monaco di Baviera. Morì nel castello di Amboise, in Francia, il  2 maggio 1519, e come già anticipato, in tutto il mondo è previsto un calendario ricchissimo di mostre, eventi e appuntamenti di vario tipo per celebrare il 500 anniversario della morte di Leonardo.

In Italia, ma anche in Francia, che si attribuisce erroneamente i natali dell’artista italiano,  nato a Vinci, piccolo borgo nei pressi di Firenze, sono tanti gli eventi che ricorderanno i cinquecento anni della sua morte. Partiamo proprio da Firenze, dove è prevista una mostra dedicata al Codice Leicester alla Galleria degli Uffizi,  A Palazzo Strozzi, poi, fino al 14 luglio 2019 ci sarà la mostra dedicata al Verrocchio, il maestro di Leonardo. A Palazzo Vecchio, ancora, fino al 24 giugno 2019 la sala dei Gigli ospita Leonardo e Firenze, una selezione di fogli attinenti a lavori e studi svolti dall’artista nella città toscana.

Milano ospiterà tantissime iniziative dedicate all’anniversario della morte di Leonardo da Vinci, quello del capoluogo lombardo è il programma più ricco di tutta Italia: a Palazzo Reale ci sono tre mostre in programma (una dedicata al rapporto di Leonardo con la natura, una al “Leonardo enciclopedico contemporaneo” e una alla “cena di Leonardo per Francesco I”, con l’arazzo dei Musei Vaticani che raffigura il Cenacolo leonardesco).  Al Castello Sforzesco, inoltre, da maggio 2019 ci sono le mostre “Leonardo e la Sala delle Asse tra natura, arte e scienza” (fino al 18 agosto) e il Museo virtuale della Milano di Leonardo (fino al 12 gennaio 2020). Verrà anche riaperta la Sala delle Asse, dal 16 maggio, dopo i lavori che hanno portato alla luce diverse porzioni di disegno preparatorio leonardesco. Altri eventi sono previsti alla Biblioteca ambrosiana, al Museo della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” e al Museo del Novecento. A Roma ci sarà invece la mostra “Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza” alle Scuderie del Quirinale. Ma non solo questo: l’intera Capitale si trasforma in una esposizione itinerante con l’iniziativa “Leonardo in città”: una serie di appuntamenti sull’artista e sul suo pensiero.

Torino, invece, fino al 14 luglio i Musei Reali con la mostra “Leonardo da Vinci: disegnare il futuro” espongono 13 lavori autografi acquistati dal re Carlo Alberto, oltre al Codice sul volo degli uccelli.       A Venezia viene celebrato alle Gallerie dell’Accademia, fino al 14 luglio, con la mostra “L’uomo è modello del mondo” che presenta alcuni fogli di Leonardo, tra i quali il celeberrimo Uomo vitruviano.

 

 

 

 

 

 

 

 

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

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