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La montagna e lo scalatore

Il vecchio sfregò le sue mani davanti al fuoco, aggiustò la legna, mise le castagne sulla padella di rame e si voltò verso di me. I suoi occhi avevano una tristezza in cui potevi annegare.

-” E’ quella la montagna che vuoi sfidare? “- disse indicando fuori dalla finestra.

Dalla finestra potevo vederla: la più maestosa, la più alta, la più aspra.

Era là che mi sfidava.

-” Tanto tempo fa anche un altro uomo provò a scalarla. Ma la montagna con lui parlava. La montagna. Sì.

Gli parlava. Lei, così immensa e inespugnabile, eppure era lei che lo incoraggiava. Dai, le tue gambe sono snelle, il tuo corpo è agile, il tuo cuore è forte, puoi farcela. Puoi arrivare sino in cima. Non immagini la vista che si gode da qui, come tutto sia diverso. Da quassù vedi la luce prima degli altri, sei così vicino al cielo che senti quasi i pensieri di Dio. Puoi farcela! Devi crederci! Non guardare alle mie rocce così aspre, se cerchi, le tue mani troveranno i giusti appigli!” – il vecchio si perdeva nel suo racconto ed io ero sempre più affascinato da quella montagna.

Il fuoco del camino illuminava il suo volto e per un attimo in quel viso grinzoso e stanco ricomparve un guizzo di vita.

” Così incoraggiato dal sussurro della montagna l’uomo decise di intraprendere la sua scalata. Preparò la sua attrezzatura per bene, salutò gli amici e si incamminò. Lei era dinanzi a lui. Ancora più grande e imponente, fiera e maestosa, ma l’uomo sentiva che lei gli avrebbe mostrato la giusta strada. La parete era ancora più ripida di quello che pensava, le sue dita non trovavano gli anfratti dove agganciarsi. La sua arrampicata non aveva sosta e lui non sentiva più la montagna parlargli. Nessun angolo dove rifocillarsi per qualche ora. Il tempo passava e cominciava a calare il buio della sera. L’uomo sentiva freddo e cominciava a detestare la montagna. La paura cominciò ad insinuarsi nel suo cuore e più lui aveva paura e meno le sue orecchie sentivano la montagna parlargli.

Ebbe così timore per la sua vita che si pentì amaramente di quell’impresa. Era troppo grande per lui quella montagna. Come gli era balenato in testa di potere conquistare quella vetta? Lui, un piccolo montanaro, come poteva sfidare quella montagna, così grande da far sembrare le altre intorno delle colline.

Non senza rimpianto, cominciò la sua discesa. La montagna continuava a sussurrargli, ma lui non la sentiva”- si fermò per qualche secondo, il vecchio era visibilmente commosso e più che un racconto sembrava stesse parlando da solo ma continuò -” Perché? Era la montagna che gli parlava, eri a metà del cammino, potevi farcela! Uomo, era nel tuo cuore la tua forza, era lì che dovevi trarre il coraggio. Io sono solo una montagna, forse più alta e difficile delle altre. Ma era la Tua prova. Non potrai più sapere cosa si vede da quassù! Queste furono le ultime parole della montagna che l’uomo sentì. L’uomo ridiscese senza riuscire a voltarsi.

Così gli anni passarono, lui sapeva che lei era là, e la guardava da lontano.

Sotto sotto si cullava nell’idea che potesse rimanere la montagna immensa e maestosa da dove nessuno avrebbe mai visto spuntare l’alba”.

Guardai il vecchio, mentre raccontava pian piano si era avvicinato alla finestra.

Davanti a lui c’era la montagna

 

Paola Idilla Carella è giornalista, autore Tv, Press Office e PR
(Cit.) Io, la muta, la indosso soltanto. Non la faccio!

(1) Comment

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